A Cura dello Studio Legale Ferrante e Associati
Per tutti i contratti stipulati a partire dal 18 luglio 2012 – nell'ambito della legge 92/2012 – è stata introdotta una nuova previsione relativa alle «altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo». Pur dopo le modifiche recentemente apportate dal cosiddetto decreto sviluppo, si tratta comunque di una normativa che mira a ridurre le possibilità di eludere la stabilità del rapporto mediante il ricorso a contratti di lavoro autonomo, creando tuttavia più di qualche dubbio operativo.
La norma (articolo 69-bis del Dlgs 276/2003, introdotto dall'articolo 1, comma 26, della legge 92/2912) si apre con il riferimento alle prestazioni di lavoro rese da parte di una "persona" titolare di partita Iva, che sono considerate co.co.co – salvo che sia fornita prova contraria dal committente – quando ricorrano almeno due dei seguenti presupposti: a) la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi; b) il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d'imputazione di interessi, costituisca più dell'80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi; c) il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro in una delle sedi del committente.
Pur in presenza dell'inversione dell'onere della prova, si tratta di presunzione relativa, nel senso che può essere vinta laddove chi vi abbia interesse dimostri, appunto, che così non è. A tale proposito va rilevato che la legge nomina il solo committente e non anche il collaboratore, il quale, parimenti, potrebbe non avere alcun interesse a trasformare il rapporto.
Fonte: Ilsole24ore
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