A Cura dello Studio Legale Ferrante e Associati
La cassazione ribadisce, ricorrendo a consolidata giurisprudenza il concetto di lavoro subordinato caratterizzato appunto, dalla subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore, con assoggettamento del prestatore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, ed al conseguente inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale con prestazione delle sole energie lavorative corrispondenti all’attività di impresa.
La Cass. civ., sez. lav., 25 giugno 2013, n. 15922 ha stabilito che il contratto di lavoro a progetto è una forma particolare di lavoro autonomo definita dall'art. 63 del d.lgs. 276 del 2003. La norma sancisce che perché possa sussistere un contratto di lavoro a progetto non deve esservi vincolo di subordinazione e quindi si deve essere in presenza di un rapporto di lavoro autonomo.
Il popolo delle partite Iva decresce. Liberi professionisti (avvocati, medici, architetti, tanto per citare solo alcuni categorie), le ditte individuali, le società di persone, le società di capitali e le altre forme giuridiche calano e il Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia parla di “recessione economica che ‘sgonfia’ il boom delle partite Iva. Nei primi tre mesi di quest’anno, infatti, ne sono state aperte 12.599, contro le 13.889 del primo trimestre 2012.
Giù i contratti a tempo indeterminati e i co.co.pro, stabili quelli a termine e i lavoratori autonomi.E' questa, per il bollettino di Bankitalia, la tendenza nell'ultimo trimestre 2012. Sono stati 157mila in meno, infatti, i lavoratori a tempo indeterminato (-1%) e 20mila in meno quelli con contratto a termine (-4,8%). Invariati i lavoratori autonomi e a termine.
Il Ministero del lavoro interviene sulla specifica disciplina del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto nel settore dei call-center recentemente introdotta, in particolare sui requisiti necessari per la stipula del contratto e sulle conseguenze legate ad una "delocalizzazione" delle attività.
Il Ministero del lavoro rende note le proprie indicazioni di carattere operativo al personale ispettivo, anche in ragione del fatto che i recenti interventi del Legislatore risalenti all'estate 2012 incidono sulla stessa legittimità di ricorso alla co.co.pro. qualora abbia ad oggetto una "attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call-center outbound".
Con l’ordinanza 12 marzo 2013, n. 6203, la Corte di Cassazione ha ritenuto che legittimamente l’Amministrazione finanziaria possa ritenere falsa una generica fattura per consulenza e negare, pertanto, la detrazione dell’IVA, in assenza di un contratto scritto con il professionista. In particolare, è stato affermato dal Supremo Collegio che, nel caso in cui gli elementi riportati sulla fattura siano vaghi, scaturiscono delle presunzioni semplici in favore dell’Agenzia, con conseguente onere della prova a carico del contribuente. Il contribuente, per ottenere legittimamente la detrazione, deve dimostrare l’esistenza di un effettivo contratto di consulenza scritto con un professionista o con un’impresa.
Si definiscono meglio i contorni della regolamentazione del contratto di lavoro per la collaborazione a progetto.
La circolare 7/2013 del Ministero del Lavoro parte con due precisazioni che riguardano le aziende: il contratto a progetto può inquadrare solo attività connotate dal «raggiungimento di uno specifico risultato, obiettivamente riscontrabile e non coincidente con l’oggetto sociale dell’impresa committente».
In più, come già chiarito con la circolare n. 29/2012, «il progetto gestito autonomamente dal collaboratore non può sinteticamente identificarsi con l’oggetto sociale, ma deve essere caratterizzato da una sua specificità, compiutezza, autonomia ontologica e predeterminatezza del risultato atteso e rappresentare una vera e propria “linea guida” contenente le modalità di esplicitazione dell’obbligazione del collaboratore».
Non si possono applicare contratti a progetto a collaboratori che rispondono a puntuali direttive o specifiche indicazioni operative da parte del committente che vanifichino ogni margine di autonomia tecnica e metodologica.
E’ invece possibile rinvenire margini di autonomia laddove i collaboratori concordino di volta in volta con il destinatario finale della prestazione aspetti operativi, orari di assistenza e concrete modalità di erogazione del servizio.
In definitiva, la natura autonoma del contratto può essere riconosciuta a condizione che il collaboratore determini unilateralmente e discrezionalmente, senza necessità di preventiva autorizzazione e successiva giustificazione, la quantità di prestazione socio/assistenziale da eseguire e la collocazione temporale della stessa (in proposito, è citato l’interpello n. 5/2010).
Con la circolare n.32/2012 il Ministero del Lavoro, in riferimento alle disposizioni contenute nella riforma del mercato del lavoro (legge n.92/2012) relative alle cosiddette “partite IVA”, chiarisce quali sono i casi in cui si presume che la partita IVA sia conforme alla legge. Le condizioni sono le seguenti: a) reddito lordo superiore a 18.662 euro (per il 2012); b) prestazioni connotate da professionalità (titoli di studio: liceale e professionale, laurea, qualifica conseguita con apprendistato, qualifica attribuita dal datore di lavoro da almeno 10 anni), c) svolgimento di attività autonoma esclusiva o prevalente da almeno 10 anni.
La riforma del lavoro, c.d. Fornero, ossia la legge 28 giugno 2012, n. 92, ha apportato modifiche sostanziali al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, sebbene sia stato confermato che «il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisca la forma comune di rapporto di lavoro»
Ancora più specificatamente, la riforma prevede la possibilità di stipulare il c.d. contratto a termine acausale, e cioè privo della specifica ragione di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, purchè si tratti:
Tutto ciò, fermo, ovviamente, il requisito della forma scritta del contratto stipulato e il divieto di proroga dello stesso.
E’ importante sottolineare che tale contratto a tempo determinato può essere preceduto da un rapporto di collaborazione o di apprendistato tra le stesse parti e seguito da ulteriori contratti a termine con causa e altre limitazioni, di cui agli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 368/2001.
Fonte: www.consulenzaeassitenza.it
Per tutti i contratti stipulati a partire dal 18 luglio 2012 – nell'ambito della legge 92/2012 – è stata introdotta una nuova previsione relativa alle «altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo». Pur dopo le modifiche recentemente apportate dal cosiddetto decreto sviluppo, si tratta comunque di una normativa che mira a ridurre le possibilità di eludere la stabilità del rapporto mediante il ricorso a contratti di lavoro autonomo, creando tuttavia più di qualche dubbio operativo.
La norma (articolo 69-bis del Dlgs 276/2003, introdotto dall'articolo 1, comma 26, della legge 92/2912) si apre con il riferimento alle prestazioni di lavoro rese da parte di una "persona" titolare di partita Iva, che sono considerate co.co.co – salvo che sia fornita prova contraria dal committente – quando ricorrano almeno due dei seguenti presupposti: a) la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi; b) il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d'imputazione di interessi, costituisca più dell'80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi; c) il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro in una delle sedi del committente.
Pur in presenza dell'inversione dell'onere della prova, si tratta di presunzione relativa, nel senso che può essere vinta laddove chi vi abbia interesse dimostri, appunto, che così non è. A tale proposito va rilevato che la legge nomina il solo committente e non anche il collaboratore, il quale, parimenti, potrebbe non avere alcun interesse a trasformare il rapporto.
Fonte: Ilsole24ore
Con l’art. 1, commi 23-26, la Riforma Fornero ha modificato la Legge Biagi avvicinando – ancora di più – il contratto a progetto al lavoro subordinato, quantomeno per le tutele che allo stesso sono riconosciute, e rendendo più rigide le modalità di esecuzione della prestazione.
Viene eliminato il “programma di lavoro o fase di esso”. Pertanto, dal 18 luglio 2012 in avanti, tutte le nuove co. co. pro. dovranno essere collegate solo ed esclusivamentead uno specifico progetto, dettagliato in ogni minimo punto, e determinato nella durata; non si può collegare il progetto all’ordinaria attività aziendale, né le mansioni affidate al collaboratore possono essere ripetitive o di mera esecuzione: tale scelta è dovuta al fatto che, a buon ragione, si ritiene il lavoro a progetto (poiché autonomo) frutto del contributo intellettuale e professionale del collaboratore, ed una mera attività esecutiva sarebbe indice di subordinazione.
Fonte: il Sole 24 Ore
Pronto il modello di contratto per il conferimento dell’incarico professionale all’avvocato elaborato dal Consiglio nazionale forense. Oltre alla liquidazione del compenso per fasi debutta anche la tariffa oraria, sul modello americano. All’atto della sottoscrizione il legale dovrà informare per iscritto il cliente della complessità dell’incarico e dei relativi costi, indicando il grado di problematicità delle singole questioni (ordinaria, difficile e che richiede alto grado di approfondimento). Il cliente dovrà dichiarare di essere stato informato di tutte le circostanze prevedibili al momento della stipulazione. Mentre l’avvocato si impegna ad informare, sempre per iscritto, il cliente di eventuali fatti nuovi e in quel momento non prevedibili e forieri di un aumento dei costi, come per esempio la necessità della integrazione della difesa con un secondo avvocato.
Fonte: Il sole24ore
La vicenda delle cosiddette «clausole di gravidanza» nei contratti di lavoro autonomo ha destato comprensibile scalpore nell’opinione pubblica e nei mezzi d’informazione, in questo periodo più che mai attenti alle tematiche del lavoro.
Una collaboratrice coordinata e continuativa «a progetto» ha diritto, in caso di gravidanza, solo ad una sospensione del rapporto contrattuale senza corrispettivo, con proroga della scadenza naturale del contratto di centottanta giorni (salvo diversa e più favorevole disciplina del contratto individuale).
Le lavoratrici autonome non rientranti nella categoria appena menzionata, infine, pur essendo tutelate dal punto di vista previdenziale, non hanno, in caso di impedimento della prestazione dovuto alla gravidanza, alcuna forma di protezione del rapporto lavorativo. Ciò, tuttavia, non deve sorprendere nella misura in cui il contratto abbia natura genuinamente autonoma (immaginiamo una sarta incaricata di confezionare un abito da sposa o una fotografa che debba realizzare un servizio su un evento specifico).
Ma è proprio questo il punto critico: la genuinità o meno della natura autonoma del rapporto.
Nella «zona grigia» che si colloca attorno al lavoro subordinato finiscono infatti per ricadere anche rapporti sostanzialmente assimilabili al lavoro subordinato, il che rappresenta ovviamente la patologia, e non la fisiologia, del mercato del lavoro.
E’ proprio per questo motivo che la riforma del lavoro appena approvata prevede, accanto alle note novità in tema di «flessibilità in uscita», nuovi strumenti volti ad allargare l’ambito dei lavoratori e delle lavoratrici assistiti dalle tutele tipiche del lavoro subordinato.
Fonte: Sole24ore
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