A Cura dello Studio Legale Ferrante e Associati
Consulenza legale per la redazione di contratti di procacciatore d'affari
Secondo ampia giurisprudenza, per la disciplina del rapporto di procacciamento d’affari può farsi ricorso, in via analogica, alla normativa concernente il contratto di agenzia, in contrasto con la disciplina contenuta nell’incarico e al fine di stabilire se il rapporto era ancora in essere al momento della promozione di un determinato affare, perché detto rapporto era stato preordinato alla promozione di una serie indeterminata di possibili affari e non si limitava invece a completare occasionali e libere iniziative dell’incarico (v. ad es. Cass. n. 1078/99).
Vi è però una eccezione: sono inapplicabili, per la carenza di stabilità che caratterizza in procacciatore, le norme relative alla disciplina del preavviso, che presuppongono un incarico stabile e predeterminato.
Nel contratto-tipo di incarico di procacciatore d’affari, vengono solitamente indicati: le parti e le reciproche finalità dei contraenti; l’oggetto della prestazione; le modalità di svolgimento dell’incarico; la clausola che prevede o meno il diritto di esclusiva; gli obblighi delle parti; la possibilità per il proponente di rifiutare i contatti procurati dal procacciatore; il corrispettivo e le modalità di pagamento; clausole sulla riservatezza/privacy; durata e cause di risoluzione del contratto; legge applicabile e foro competente in ipotesi di controversie relative al contratto.
Vi sono poi diverse clausole del contratto di agenzia utilizzabili anche per il contratto di procacciatore d’affari: sia quelle definite per legge “essenziali” al contratto di agenzia, senza le quali il contratto è nullo, sia quelle “accidentali”, che le parti sono libere di apporle o meno al contratto (ne condizionano l’efficacia o il tempo o il modo nell’adempimento). In particolare:
Talora, per semplificare l’attività di procacciamento, il mandante mette a disposizione del procacciatore la merce o il materiale che lo stesso può utilizzare nella sua attività di procacciamento, al fine di dimostrare la tipologia di merce venduta o addirittura al fine di vendere la stessa: si parla in tali casi di “procacciatore con deposito”. Il procacciatore deve infatti in tal caso (eventualmente dietro compenso) custodire i beni affidatigli con diligenza del buon padre di famiglia (art. 1766 ss. c.c.), conservando la cosa nello stato in cui gli è stata consegnata; non potrà servirsene se non espressamente autorizzato dal depositante. La custodia dovrà essere esercitata con le modalità convenute, dalle quali potrà discostarsi solo qualora lo richiedano circostanze urgenti ed in ogni caso dandone immediato avviso al depositante, pena il risarcimento dei danni che questo dovesse subire a causa del mutato modo di esercitare la custodia.
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avv. Nicola Ferrante
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